domenica 27 luglio 2008

EILE MIT WEILE/3


Giovedì alle sette Obama era a un chilometro da me e io non l’avevo capito. Sempre per colpa dei famosi intoppi linguistici che dicevo l’altro giorno.
Avevo intravisto nelle edicole qualcosa su Obama. Sapevo che stava facendo il giro del mondo, ma non ho la televisione a casa e non leggo repubblica.it, non immaginavo che passasse di qua. Qua vicino, anzi vicinissimo, a me che a quell’ora sono regolarmente inchiodata in biblioteca.
E mentre la sera verso le dieci torno a casa, nella tv del metro sfilano le immagini di una folla oceanica, una roba da concerto dei Rolling Stones, un grande raduno all’aperto, tutti lì per Obama. Eppure ancora non connetto e non capisco dove siamo.
Alla fine rientro a casa. Johanna si lamenta del casino che c'era in giro (ma il casino è un concetto estremamente vincolato alla cultura del proprio stato-nazione, per me Berlino non sarà mai, mai e poi mai, un casino) perché Obama era alla Siegessäule. Mi racconta perfino dell’arrampicamento sull’albero di una sua amica nel tentativo disperato di vedere qualcosa in mezzo a quel macello di fan scatenati.
Allora capisco, vado su You Tube, confermo sì è tutto vero: Obama a Berlino e io che nemmeno me ne ero accorta.
Intavoliamo –in francese- una breve conversazione sull’argomento: tu non ci sei andata le dico? “Noo", Johanna mi risponde schifata Obama non le piace. Le dico: però, un bell’uomo… mi guarda interdetta. E poi è nero, le dico, sempre meglio un nero che un bianco. Sorride, in realtà nemmeno troppo perché mi prende sul serio (ed ero seria, ma a molti sarebbe potuta sembrare una battuta) e poi mi dice: "anche la Merkel è donna." Sottinteso: certo una donna è meglio di un uomo, ma la Merkel è una merda.
Ok stiamo dicendo che Obama è nero ed è una merda?
Io lo so che se vincesse le elezioni cambierebbe molto poco per i disoccupati americani, le scuole di serie F, la sanità, l’Iraq. Lo so che sarebbe comunque amico di Israele e che non sarebbe solidale con la causa del proletariato.
Eppure so anche cosa significherebbe per la nostra gente, come dice mio padre.
“Questo è un grande risultato per la nostra gente”, dice lui.
Non credo sia un grande risultato, Obama.
Ma la nostra gente, concordo, è entusiasta, fiera, alla riscossa. E credo che nel bene e nel male questi siano stati d’animo che facciano bene alla salute di chi è abituato da tempo immemorabile al razzismo e all’oppressione. Tanto per cambiare, per avere un diversivo rispetto a -Umiliazione- e -Senso di Impotenza-. Sì cambiare ogni tanto fa decisamente bene.
Forse Obama non cambierà niente. E io preferisco che non cambi niente lui piuttosto che non cambi niente un bianco. Solo questo.
La confusione post 89 dei tedeschi invece è incredibile e allarmante: pugni chiusi levati a tutto spiano per il discorso di Obama, proprio loro che pure di comunismo anche se fatto male ne sanno qualcosa. Cosa cazzo chiudi il pugno mi chiedo, Obama non è proprio comunista. Però parla così bene che deve avergli dato al cervello.

mercoledì 23 luglio 2008

EILE MIT WEILE/ 2

Inutile che ci giro intorno perché è un’ovvietà e la dico come è: un posto che non conosci ti dà adrenalina, ovvio.

Te ne dà il doppio se è Berlino ed ha una storia commovente che la leggi per strada.
Te ne dà il triplo se tutto quello che riesci a fare (comprare una carta telefonica internazionale per chiamare in Argentina, per esempio, oppure chiedere se degli stivaletti gialli hanno anche il 39) è un successo strappato ai mille prevedibili intoppi linguistici.
Te ne dà il quadruplo se, ed è il mio caso, frequenti Hegel da un po’ di tempo e pensi che le ultime lezioni le ha tenute proprio qua, a Berlino.

Eile mit Weile, di corsa con calma.
Con calma: perché tanto è inutile insistere, ci vorrà del tempo, anzi un’infinità, prima di parlare come Marlene Dietrich. E per ora me lo sogno di poter fare quattro chiacchiere con la panettiera. Al massimo compro il pane.
Di corsa perché cammino, cammino, studio, leggo ovunque.
Provo a decifrare tutti cartelloni pubblicitari e i manifesti che mi capitano a tiro, le insegne promozionali, le offerte speciali, le prime pagine dei quotidiani, i titoli dei libri degli altri dentro la metro e le mille indicazioni disseminate ovunque che piacciono tanto ai tedeschi.
Fare attenzione al gradino - non fare così- fare così e solo dopo fare colì - se non in questo modo allora provare nell’altro.

Tutto sempre chiaro. Tranne che se non sei abituata a leggere, appunto.
Ieri ero in biblioteca, entrata da poco, ma appena sconfitta al momento dell’iscrizione quando ho dovuto chiedere in inglese due o tre dettagli essenziali sul funzionamento del prestito per i non residenti. Salgo in sala lettura, uno spazio oceanico e silenzioso che però non ha nulla di statico: si sale, si scende, si sta in mezzo, come in una ragnatela stratosferica, basta non far rumore.
Su ogni tavolo della Staatsbibliothek c’è una scritta che dice che la presa per il computer è sotto il tavolo. Punto esclamativo.
Io la cerco tre minuti la presa finché una con la frangetta da dietro mi fa un segno, me la indica. Ringrazio, infilo, accendo e poi mi rendo conto: Steckdose unter der Tischplatte!
A saper leggere.
Ma questo fa parte dell’adrenalina. Capire, non capire, congratularsi da sola per aver trovato il supermercato seguendo correttamente le indicazioni che ti ha dato la famosa panettiera di cui sopra. Perdersi, stupirsi, stupirsi. Addormentarsi con l’incognita che proprio davanti a casa tua, davanti alla tua finestra, c’è un negozio che sembra un parrucchiere e che in vetrina promette una cosa a 2.99 E e che non sai che diavolo è. Finisce in ung e non sta nel vocabolario. Magari chiederò a Johanna, la mia coinquilina, e se non è un indecenza, per quello che costa, sicuro che andrò a farmela fare qualunque cosa sia.

martedì 22 luglio 2008

EILE MIT WEILE*/1


*ovvero: di corsa con calma.
E’così.
Per un po’ sarà come un diario.

Hermannstrasse 150. La stanza è enorme e il balcone dà sulla strada, Hermannstrasse appunto. Strada a quattro corsie costellata di pizzettari e commercianti turchi. Turchi i vicini di pianerottolo, turchi quelli del terzo piano, turca Yasmina, la bambina bellissima che mi aperto il portone il primo giorno. Turco il panettiere e il giornalaio. Turchi ovunque nei bar e nei phone center.
Appena sbarcata ho pensato: no.
No: per un mese e mezzo (e per una volta) voglio fare la fica in un quartiere fico. Voglio svegliarmi a Prenzlauerberg con l’odore delle verdure bio sotto casa. Con facce bianche di gente bianca e benestante, vestita bene.
Mi sono detta che sarei rimasta qui a Neukolln per una settimana, il tempo di cercare un posto altrove. Magari a Kreuzberg, che pure si è infighettato da morire rispetto a qualche anno fa. O a Friedrichsein, oppure meglio ancora Prenzlauerberg, il top.

Così ieri sono andata a visitare la casa di un tipo sulla Prenzlauer Allee. Il signor H.H. von U., giovane ma brizzolato. Dalla foto avrei detto nobile e gay, ma di persona era soltanto grigio.
Mortimer. Mi apre la porta scalzo con i calzini. Prima di stringergli la mano e salutarlo gli guardo i calzini bianchi, e d’istinto mi tolgo le scarpe, i miei sono a righe bianchi e neri.

Mi fissa negli occhi, ma non come un pervertito, piuttosto come un uno che potrebbe accoltellarti o accoltellarsi, dipende. Mi fa accomodare su una grande poltrona, che magari era marrone, o forse grigia non so. Mi chiede di dove sono, che faccio ecc ecc. Parliamo della casa, le spese, l'ADSL, il telefono non incluso.
E poi quando sto per alzarmi e salutare mi dice "aspetta rimani seduta, parlami di te, dei tuoi hobby". Giuro. Hobby? Gli dico che non ho hobby (non il bricolage, non la cucina, non il giardinaggio, non la pesca), ma ci rimane male. Allora penso che la danza può passare come un hobby. Glielo dico contenta. Come in un gioco a quiz quando pensi che hai la risposta giusta.
Ma lui è incontentaile, insiste, "e poi altri hobby?". E' scemo.
Però ok, vuoi la guerra? allora diciamo che mi piace viaggiare. Altro? Mi piace leggere, andare al cinema, a teatro,uscire, imparare le lingue, scrivere, ascoltare musica, conoscere gente.
Pessima, davvero pessima, prova di me. Comunque mi ha costretto lui, che alla fine pareva pure soddisfatto di questo patetico elenco di banalità.
In inglese veniva bene perché è come quando a scuola fai le frasi per imparare a usare I like.
Going to the movies, reading, writing, going out, learning languages, meeting people.
Volevi un hobby o due? te ne ho sparati dieci.

La conversazione mi intristisce non poco. Lo saluto prima che mi chieda la top ten dei miei piatti preferiti: davvero, devo andare, ti faccio sapere, domani.

Esco e piove. Cammino lungo Danziger Str. e quando arrivo a Eberwalderstr. ha già smesso.
I negozi bio. I negozi per bambini. Le biciclette di tutti i colori. Le donne con le scarpe fiche. I parrucchieri fichi anche loro. Epperò anche una quantità devastante di carrozzine d’epoca di tutte le forme. Tutti a spasso con uno o due bambini.
Le carrozzine intralciano il traffico delle biciclette e mi intralciano pure il cervello, mi mettono ansia, mi stancano, mi deprimono, mi deprime anche il biologico alla fine…fanculo Prenzaluerberg.
Sono prevedibile e tanto, ma tanto, scontata.
Neukolln, i turchi, Lidl, i bambini senza le carrozzine. Le ciccione, la puzza di fritto e di cipolla.
Mi sa che resto qua.